Un vademecum sulla tutela legale della donna in stato interessante
Le donne, durante la gravidanza e la maternità, vivono periodi particolarmente importanti della vita. E in ambito lavorativo, naturalmente, attraversano mesi dove la salute, loro e del bambino, è soggetta a condizioni di rischio più elevate del solito.
La normativa
In Italia le lavoratrici in stato interessante e le neomamme sono principalmente tutelate dal Dlgs 151/01, Testo unico a tutela della maternità e paternità e dal Dlgs 81/08, Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, con successive modifiche e integrazioni. La normativa del 2001, in particolare, disciplina i congedi, i riposi e i permessi. E, soprattutto, determina anche misure preventive e protettive per la loro salute e sicurezza in qualità di soggetti particolarmente sensibili al rischio. Il TU del 2008 ribadisce, evidenzia e aggiorna la normativa del Dlgs 151/2001.
Congedo di maternità
Il Dlgs 151/2001 prevede il congedo obbligatorio di maternità nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi mesi successivi al parto stesso. In alternativa, previa attestazione del medico, le lavoratrici hanno facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto stesso. Il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto se le lavoratrici sono occupate in lavori, in relazione all’avanzato stato di gravidanza, ritenuti gravosi o pregiudizievoli. Il Dlgs 151/2001, inoltre, contiene la proibizione di adibire la lavoratrice a lavori ‘vietati’ e il divieto di lavoro notturno.
Valutazione dei rischi
Si tratta di un altro aspetto importante previsto dal Dlgs 151/2001. L’accento, in particolare, è posto sui rischi legati all’esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici della lavoratrice in gravidanza. La valutazione spetta al datore di lavoro, tenuto a comunicare alle lavoratrici e ai RLS i risultati della valutazione stessa, con annesse le misure di prevenzione e protezione adottate. Uno dei rischi principali è lo stress e, a tal proposito, i primi mesi di gravidanza sono i più sensibili. Sono, cioè, quelli dove i potenziali danni al nascituro sono maggiori.
In caso di rischio, il datore di lavoro deve modificare per il tempo necessario le condizioni e l’orario di lavoro. O, in alternativa, spostare la lavoratrice ad altra mansione informando contestualmente la Direzione Provinciale del Lavoro (DPL). Se la mansione nuova è inferiore, la retribuzione e la qualifica devono restare quelle originarie. Se lo spostamento non è possibile, il datore di lavoro avverte la DPL la quale dispone l’anticipazione o il prolungamento dell’interdizione dal lavoro per il periodo di tutela previsto.
Lavori vietati in gravidanza
Fino a sette mesi dopo il parto, il datore di lavoro non può far svolgere alla neomamma lavori pericolosi, faticosi e insalubri. In particolare, la lavoratrice non può passare più di metà giornata lavorativa in piedi o in posizione scomoda (con riferimento, ad esempio, a commesse e cameriere). Non può, inoltre essere impiegata in mansioni a rischio cadute né trasportare o sollevare pesi.
Parimenti, non può utilizzare macchinari che trasmettano vibrazioni intense né salire a bordo di qualsiasi mezzo di comunicazione in moto, come aerei, navi, pullman. Non può, poi, effettuare lavori in ambienti a temperature troppo basse o troppo alte (ad esempio in celle frigorifere o in presenza di forni) e, come detto, non può avere a che fare con agenti chimici e affini, né lavorare di notte.